Marmolada, lo sfregio non è stato l'unico
Il presidente delle Funivie: «Abbiamo sempre fatto così»
di BRUNO ZORZI CAVALESE
Se sfregio è stato, si è trattato di uno sfregio ripetuto. Questo è uscito chiaro chiaro dall'udienza di ieri del processo Marmolada. Ad un certo punto il giudice Francesco Forlenza ha dovuto «stoppare» i pubblici ministeri Carmine Russo e Salvatore Ferraro nell'esame dell'ex caposervizio della società Funivie Tofana - Marmolada, Remo Olivotto perché altrimenti le sue parole sarebbero diventate un'autodenuncia. «E un teste - ha ricordato Forlenza - è obbligato a dire la verità ma non è obbligato ad autoincriminarsi». Sì, perché Olivotto, molto candidamente, ha detto e ripetuto che di piste (quindi, vista dagli ambientalisti, di sfreghi) sul ghiacciaio della Marmolada ne sono stati fatti altri. Al punto che l'ex caposervizio (alle Funivie ha lavorato dal '67 al 2000) ha consegnato nelle mani del giudice una foto del '91 («l'ho trovata - ha detto - negli archivi degli uffici di Bolzano») che ritrae un'altra pista, quasi identica a quella «scoperta» da Ruggero Vaia , di Mountain Wilderness nell'agosto del 2005 e che al centro del processo che si sta tenendo a Cavalese. Ma perché ha detto questo? Evidentemente per dire che nessuno, prima dell'estate 2005, se n'è accorto, che il ghiacciaio non ha subito danni irreparabili e per dimostrare la buona fede della società. L'unica differenza tra il «zig - zag» finito in tribunale e gli altri del passato è che il primo è stato fatto per portar su a Punta Rocca gli operai impiegato alla realizzazione del terzo tronco della nuova ferrovia, gli altri per fare arrivare in cima i «gatti» per battere la piste. D'altra parte Mario Vascellari , presidente della società (coimputato con Luciano Soraru , caposervizio e l'addetto alla sicurezza Mario De Cesaro ) ieri lo ha detto e ripetuto: «Abbiamo seguito anche in questo caso una prassi consolidata». Anche perché, ha detto Vascellari, la concessione della Provincia implica l'uso del ghiacciaio per la manutenzione delle piste. E questo è stato uno dei campi di battaglia, della vera e propria battaglia che si è svolta in tribunale tra l'avvocato Nicola Canestrini , per la parte civile, cioè Mountain Wilderness, i due Pm e i difensori degli imputati, l'avvocato Sandro De Vecchi , in testa. Canestrini nel controesame dei testi ha insistito su un punto: la pista, hanno detto gli imputati, è stata fatta per portare su a Punta Rocca gli operai in sicurezza. «Bene - ha ribattuto l'avvocato roveretano -, ma i "gatti" usati non erano omologati per il trasporto di persone. Bella preoccupazione per la sicurezza». De Cesaro ha dovuto ammetterlo, anche se ha precisato che i mezzi erano stati dotati di una cabina. Vascellari e Soraru han detto che è stato scartata l'ipotesi dell'elicottero perché, seppur probabilmente meno costoso dei «gatti», troppo soggetto alle condizioni meteo. E qui il caposervizio delle Funivie ha «sfoderato» un'altra foto: un elicottero «inghiottito» da una nevicata in Marmolada. Insomma, scontro duro. «Ci stiamo scaldando sul ghiacciaio», ha detto per rasserenare gli animi il dottor Forlenza. E lo scontro è tra due visioni della montagna. Non a caso Luigi Casanova , portavoce di Mountain Wilderness ha parlato di valore simbolico della Marmolada. «La montagna - ha ricordato - dalla quale padre Alex Zanotelli lanciò l'appello perché l'acqua rimanga un bene pubblico». «La montagna che, già nell'assemblea di fondazione di Mountain Wilderness, a Biella nell'87, venne considerata, col monte Bianco, un simbolo della lotta per salvare l'ambiente d'alta montagna». «La Marmolada che - ha ricordato Casanova - fu al centro di un patto con le amministrazioni e imprenditori dal quale la nostra associazione si è ritirata proprio a causa di questa vicenda: si era creato un clima di fiducia, ma viste come sono andate le cose abbiamo avuto l'impressione che qui qualcuno si sente solo padrone di un bene pubblico». «Per noi - ha rincarato la dose Vaia - la Marmolada, l'unico ghiacciaio delle Dolomiti - è una madre che qualcuno, però, vuol far prostituire!». Insomma, al di là delle valutazioni tecniche dei consulenti che dal volto noto tv Luca Mercalli a Franco Secchieri (periti del tribunale) a Giancarlo Rossi della difesa, hanno detto che la «pista» non ha fatto male al ghiacciaio, anzi avrebbe fatto bene; al di là del fatto che Riccardo Scotti , perito di parte civile ha strenuamente difeso la linea dello sfregio, il cuore di questo processo è lo scontro tra ambientalisti e il «partito» dello sviluppo turistico «pesante».
L'Adige - 04/12/2007
Plauso al "nostro" Riky nibi!